Perché siamo in poche?
Nel mondo, solo un programmatore su 5 è donna, appena il 20%. In Italia, solo il 3% dei laureati in informatica è donna. Le programmatrici sono 9 su 100. A livello globale, l’India è il paese delle programmatrici. Secondo il sito stack overflow, lì vive il 15% delle sviluppatrici software. Diventare una programmatrice non è quasi mai un’opzione valida e realistica per le giovani donne. Forse per motivi che sono principalmente socio-culturali, non credo per per una reale mancanza di interesse o di capacità.
Mi aveva molto colpito la dichiarazione che nel 2005 fece il rettore dell’università di Harvard del tempo, Lawrence Summers, secondo cui la causa del divario di genere nei campi scientifici era legato all’inferiorità biologica delle donne. Tesi recentemente affermata anche dall’ingegnere software di Google, e circolato nella mailing list dell’azienda, nella quale affermava che il motivo della scarsità di donne in ruoli tecnici e di leadership si deve, in parte, a cause di natura biologica.
Natura biologica: sembra assurdo ma c’è chi ancora pensa sia davvero così. Nell’immaginario collettivo l’informatica in gonnella sembra relegata a una nicchia di ragazze un po’ strambe, forse geniali. Sicuramente poco si adatta alla visione generale delle fanciulle, in cui già da piccolissime si insinua la mancanza di fiducia nei propri mezzi. A quante bambine viene regalato un computer o una macchinina o un pallone piuttosto che una bambola? Le ragazze finiscono perciò per assimilare l’idea di non essere intelligenti, sveglie, forti e determinate quanto i maschi, già in giovanissima età. Si potrebbe pensare che è sempre stato così e che in fondo sono solo parole se non fosse che ascoltate oggi, ascoltate domani, alla fine si finisce per crederci. I bambini che vengono sottoposti ogni giorno ad esempi come questi, con il tempo arriveranno a pensare che sia giusto che una donna sia tenuta a vestirsi in un certo modo per non essere considerata una “che se l’è andata a cercare” o ancora che una donna debba lavorare il doppio per dimostrare di valere “quasi” quanto un uomo. È inutile negarlo, esattamente come per la guida delle automobili, anche in campo informatico ci sono stereotipi e pregiudizi di genere.
Ho chiesto aiuto alle mie colleghe che mi hanno fornito alcuni esempi concreti: “lascia stare tu sei donna e non potresti capire/fare” oppure “Dimentico sempre che, per essere una donna, di informatica ne sai più della media” o ancora “questo lavoro è adatto solo ad un uomo in quanto tu potresti volere dei figli e non saresti più in grado di seguire il progetto” e infine “In alcune occasioni il mio ruolo di responsabile veniva scartato a priori perchè per alcuni era inverosimile che fosse una donna il capo”. Un esempio invece leggermente diverso, ma che dimostra come alle donne vengano riconosciuti ruoli e competenze diverse, strettamente legate ai cosiddetti soft skill, “A volte venivo “richiesta” dal cliente perché considerata più affidabile, concentrata e preparata del mio collega uomo e in quei casi era mio compito aiutare il cliente a fidarsi di tutti i componenti del team”.
Le donne sanno programmare? Insomma, “una sviluppatrice donna è ancora di più una figura ibrida a cavallo tra l’essere immaginario e la rarità assoluta” come cita questo articolo di The Vision, https://thevision.com/innovazione/italia-programmatori-donne/.
Eppure all’inizio la disciplina era soprattutto ad appannaggio di studiose di matematica e di ingegneria elettronica (https://en.wikipedia.org/wiki/Women_in_computing). Uno studio recente ha provato che i codici scritti da donne vengono valutati meglio dei codici scritti da uomini, se i valutatori non sanno chi ha scritto il codice. Sono invece valutati meno quando i valutatori sono a conoscenza del genere del programmatore.
Insomma c’è del sessismo anche nel settore IT, lo sappiamo bene e in Telematica ci impegniamo ogni giorno per preservare un ambiente di lavoro sano, amichevole, umano per tutti. Io come donna, imprenditrice ed ex sviluppatrice sono certa che un passo dopo l’altro, o forse sarebbe meglio dire una parola alla volta, potremo smontare i pregiudizi e ricostruire una nuova immagine della donna, perché non debba più essere messa in un angolo, ma trattata alla pari e sentirsi libera di essere ciò che vuole semplicemente perché è in grado di farlo!